Prego qualcuno di voi di fare un elenco di indirizzi e-mail di giornali e telegiornali cui inviare questa nota…. E DI DIFFONDERE!

GIORNO 18 E 19 SI DISCUTERA’ ALLA CAMERA PER L’APPROVAZIONE DEFINITIVA DELLA LEGGE SUL COLLEGATO LAVORO. COME GIA’ DETTO QUESTA LEGGE LA PAGHEREMO TUTTI, COMPRESE LE FUTURE GENERAZIONI, OSSIA I NOSTRI FIGLI E NIPOTI.

Nonostante gli evidenti profili di incostituzionalità della riforma sulla “Giustizia del Lavoro” (DL 1441-quarter-F ex 1167-b), i rimproveri imbarazzanti di Napolitano e i pesanti risvolti negativi che questa legge produrrà  in termini di Giustizia Sociale,  giorno 18 e 19 ottobre si discuterà alla Camera in via definitiva l’ultima versione del testo di legge approvato dal Senato a fine settembre.

La legge è molto articolata e le materie riformate che destano maggiore preoccupazione riguardano il processo del lavoro.

Si prevede l’introduzione della “clausola compromissoria”, attraverso cui le parti del contratto di lavoro possono decidere di devolvere ad un arbitro eventuali future controversie in alternativa al giudice. Nella precedente formulazione del testo normativo, tale clausola poteva essere pattuita al momento dell’assunzione. Sul tale aspetto, il presidente Napolitano si è espresso in modo molto critico, affermando che tale previsione normativa è in contrasto con il principio di statualità e di esclusività della giurisdizione (art. 102, comma uno della Costituzione) e con il diritto di tutti i cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi (artt. 24 e 25 della Costituzione). Il presidente della Repubblica sottolinea inoltre che, poiché è noto che il lavoratore è contraente debole, sussistono forti dubbi sulla “effettiva” volontarietà dell’accordo. Tale perplessità è stata presa in considerazione dal Senato, e infatti nel nuovo testo si prevede che la “clausola compromissoria” possa essere sottoscritta una volta decorso il periodo di prova, ovvero se non siano trascorsi almeno 30 giorni dalla data di stipulazione del contratto di lavoro. Tale modifica però appare puramente formale, dato che il lavoratore, anche qualche giorno dopo l’assunzione, è comunque soggetto alla pressione del ricatto occupazionale.

Una novità sostanziale rispetto al vecchio testo rinviato alle camere dal Presidente consiste nell’impossibilità di ricorrere alla “clausola compromissoria” per le controversie in materia di licenziamento, e più in generale nelle ipotesi di risoluzione del contratto di lavoro. E’ stato dunque scongiurato il pericolo di un aggiramento dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori che aveva sollevato aspre proteste di alcuni sindacati e qualche partito politico.

E’ previsto, inoltre, che l’arbitro possa agire secondo “equità” con un generico richiamo ai <<principi generali dell’ordinamento e dei principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari>>. Anche questa disposizione è stata criticata dal Quirinale.

Altra norma definita “ammazza processo” è quella con cui si dispone la drastica riduzione dei termini per l’impugnazione, che diviene inefficace se non eseguita entro 270 giorni invece che gli abituali 5 anni. Chi sostiene una causa di lavoro conosce perfettamente la portata disastrosa di tale disposizione, dato che molto spesso le intenzioni di chi gestisce i rapporti di lavoro, specie nell’ambito di trasformazioni aziendali attuate da gruppi societari, iniziano ad essere comprensibili diversi mesi dopo la modifica del contratto di lavoro. Questo sicuramente accade nelle vertenze aventi ad oggetto trasferimenti di attività (art. 2112 c.c.), oggi molto diffuse in tutto il paese.

Per quanto riguarda il tema delle esternalizzazioni, ormai diventate sinonimo di precarietà, c’è un maldestro tentativo di far credere che non si possa accertare in sede giudiziale l’illegittimità del trasferimento di azienda o di ramo d’azienda ex art. 2112 c.c. Il riferimento è al primo comma dell’art. 30, secondo cui ”il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai principi generali dell’ordinamento, all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente”. Si badi bene, infatti, che nel trasferimento di parte d’azienda il giudice deve accertare che oggetto di cessione sia un ramo funzionalmente autonomo, ma ciò non significa che in tal modo esso entri nel merito delle scelte imprenditoriali, ma solo che si possano verificare i presupposti legali che legittimano il ricorso all’art. 2112. Il cedente decide in piena libertà se cedere o meno una determinata attività, ed il giudice accerta se tale operazione sia stata effettuata in modo legittimo.

La riforma contiene anche una norma che impone il taglio del risarcimento di natura economica che spetterebbe al lavoratore nei casi di accertamento della natura subordinata dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto. Il credito del lavoratore sarebbe ridotto ad un importo forfettizzato compreso fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità. E’ evidente che in questo modo si penalizzano i lavoratori che ricorrono in giudizio per far valere i propri diritti dopo anni di sfruttamento formalizzati con finti contratti a progetto, come ad esempio quei lavoratori che non hanno accettato l’adesione alle misure di emersione previste nel 2007.

Lidia Undiemi

15 ottobre 2010

Fb-Button

Questo articolo è stato letto volte