L’appuntamento è davanti alle procure di Palermo, Roma, Firenze e Milano alle 10 di sabato 20 novembre 2010. L’obiettivo: esprimere una “solidarietà concreta e visibile” ai magistrati impegnati in delicate inchieste sulla mafia, sulle collusioni della politica e dei colletti bianchi e minacciati da più parti. “Oggi i magistrati non vengono più uccisi con le bombe, si uccidono come sono stati uccisi Luigi de Magistris, Clementina Forleo, Gabriella Nuzzi, l’intera procura di Salerno: hanno cambiato il metodo” dice Salvatore Borsellino, uno dei promotori dell’iniziativa, ingegnere ad Arese e fratello di Paolo, il magistrato ucciso nel ’92 nella strage di via D’Amelio a Palermo. “La magistratura non si ferma solo con il sangue, ma anche con i metodi cosiddetti legali che oggi vengono usati” rilancia Borsellino. I continui attacchi del premier Silvio Berlusconi, il progetto di riforma della giustizia ipotizzata dal ministro Angelino Alfano, le tante delegittimazioni quotidiane contro le toghe impegnate in delicate indagini stavolta fanno scattare la reazione delle “Scorte civiche”, movimenti spontanei che come il “Popolo viola” o le “Agende rosse” si stanno moltiplicando in diverse città italiane. Con Salvatore Borsellino, attorno al quale è nato il “movimento delle Agende rosse” (come l’agenda sparita dalla borsa di Borsellino dal luogo dell’attentato il 19 luglio del 1992) si muove il “Comitato Scorta civica” che è già scesa in strada a Palermo per dare solidarietà al procuratore aggiunto Antonio Ingroia e al sostituto Nino Di Matteo, titolari insieme a Paolo Guido di delicate indagini: dalla trattativa tra pezzi dello Stato e mafiosi per fermare la stagione delle stragi alle dichiarazioni dell’ex boss Gaspare Spatuzza e del collaboratore Francesco Campanella che parlano del presidente del Senato, Renato Schifani, del suo passato di avvocato civilista e degli uomini dei boss Graviano.

Conclude Salvatore Borsellino: “Nel nostro Paese si sono succedute innumerevoli stragi di Stato, perché non erano stragi solo di mafia o solo di terrorismo: in qualche maniera, c’è stata sempre anche la mano di pezzi deviati dello Stato. Magistrati come Borsellino e Falcone sono stati uccisi anche perché lasciati soli dallo Stato. Bisogna ricordare questo e fare in modo che non siano lasciati soli i magistrati che oggi stanno finalmente cercando di togliere il velo, pesante e nero, che ha sempre coperto i veri responsabili di queste stragi. Sono magistrati che, oltre a dover lavorare tra mille pericoli, vengono attaccati da pezzi dello Stato, come succede con Nino Di Matteo, uno dei magistrati più impegnati in queste nuove indagini che stanno facendo le procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze».

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